I passi di mia madre: del trauma e del ricordo

Elena Mearini, I passi di mia madre
Morellini Editore, 2021

Non tutti i genitori sono al mondo per amarci come vorremmo essere amati. Questa è una legge non scritta che non piace a nessuno, ma che bisogna imparare ad accettare. Di tutte le leggi taciute, questa è senza dubbio tra le più aspre e forti da ingoiare, perché ci mette di fronte all’impresa quasi impossibile di riempire i vuoti di chi non è riuscito a darci l’amore di cui avevamo bisogno; ma soprattutto ci mette di fronte all’evidenza che noi abbiamo una grande responsabilità verso noi stessi: amarci, perché nessun altro ci amerà come ci possiamo amare noi. Se invece ci odiamo, se ci maltrattiamo, nessuno sarà in grado di vedere lo spiraglio di assoluto che risiede dentro di noi.

I passi di mia madre, di Elena Mearini edito da Morellini Editore, è una cronaca dell’abbandono e contemporaneamente del recupero di sé; un recupero che arriva forse troppo tardi, forse giusto in tempo. La storia corre su due binari: la storia inventata della madre, e la storia della protagonista che cerca di stare al passo della sua stessa vita.

La protagonista, Agata, è una donna che soffre chiaramente di sindrome abbandonica e che lascia compensare il suo vuoto da uomini sbagliati, Xanax, alcool, e un disturbo alimentare che le regala l’illusione di un controllo che non ha mai avuto. Agata è una editor impegnata che ripercorre le tappe della sua solitudine attraverso l’unico strumento che conosce: la scrittura.

La protagonista inizia a scrivere: scrive per ricordare, mettere insieme i pezzi, rivedere la madre che l’ha abbandonata, forse addirittura perdonarla. La scrittura si presenta come metafora potente della cura di sé, come un abbraccio che arriva in un momento di grande disperazione.

Il romanzo vuole essere un racconto profondo della solitudine e dell’abbandono, ma rischia di essere a tratti didascalico e poco organico, con elementi di trama che non contribuiscono all’originalità del tema – un esempio tra tutti è l’uomo con il quale la protagonista si ostina a ricercare una relazione: un uomo narcisista ed egoista, stereotipato e piatto.

Concludendo, I passi di mia madre è un romanzo piacevole, con un intento nobile, ma che rischia di appiattirsi sotto il peso della sua stessa intenzione: a volte, per raccontare il dolore, bisogna guardarlo con un po’ di distacco, per non lasciarsi fagocitare.

Clelia Attanasio

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