Antonella Dilorenzo, Limite bianco
Scatole Parlanti, 2020

Il nome di Antonella Dilorenzo non è nuovo ai frequentatori della litweb e del mondo delle riviste online. Già contributor presso Fantastico!, nel 2019 fonda Rivista Blam, uno spazio letterario che raccoglie racconti, recensioni di libri, interviste e storie di persone, comuni e non.
Il suo esordio letterario era ben atteso e nel 2020 pubblica con Scatole Parlanti il suo primissimo romanzo, Limite bianco.
La trama, ben condensata, ci porta nella vita di Carl, ragazzino adottato di colore, e avanza dalla sua adolescenza fino alla maturità: un viaggio quindi descritto brevemente, ma che abbraccia uno spazio temporale ampio.
Quella di Carl è una storia di bullismo, razzismo, dolore, di sentimenti compressi e impacchettati da chiudere nella buia soffitta della propria mente, perché se, da una parte, il protagonista cerca di emanciparsi dalla sua “condizione di svantaggio”, dall’altra nega con tutte le sue forze l’esternazione e la conseguente presa di coscienza della propria identità.
Di pari passo, a capitoli alterni, leggiamo anche la storia del padre di Carl, Achille Giovannelli, alle prese con il difficile compito di gestire la sua vita e quella del suo capo, Giorgio Pagri. Storia che, a mio avviso, è quasi riuscita meglio di quella di Carl stesso: Achille è un personaggio vivido, sembra quasi di conoscerlo, potrebbe essere un nostro vicino, un parente. La Dilorenzo ne centra in pieno la descrizione caratteriale, tratteggiando una personalità complessa, contrastata, sofferente. Si arriva ad empatizzare sia con lui che con Elisa, sua moglie e madre adottiva di Carl, una donna protettiva che tuttavia si lascia trascinare dagli eventi senza avere davvero la forza di cambiarne il corso.
Nella trama, anche se si verifica un vero e proprio casus belli, sono i piccoli episodi che conducono Carl verso la disastrosa decisione di seguire Giorgio Pagri: il ragazzo lo eleggerà a mentore, nel lavoro e nella vita.
Se da una parte però troviamo Pagri, dall’altra, come la metafora di un Giano Bifronte dei tempi moderni, abbiamo Michele Fulli, l’insegnante di educazione fisica. Il primo rappresenterà sempre il passato, nonostante Carl scelga di imitarlo, il secondo un futuro che pare lontano, ma che potrebbe davvero significare la svolta. Un giorno infatti, dettaglio molto importante, Fulli vedrà Carl correre e capirà di trovarsi di fronte a un prodigio. È a questo che si riferisce il titolo del romanzo, a mio avviso: limite bianco come linea d’arrivo, traguardo del successo, ma anche come soglia, come barriera, oltre la quale un ragazzo nero, per di più adottato, non può procedere.
Il suo antagonista principale è proprio un suo coetaneo, bianco, ricco, altero, che non mancherà di essere determinante all’interno della trama, fino alla fine.
Il romanzo, nonostante le tematiche impegnative, resta godibile e si legge tutto d’un fiato, merito della scrittura chiara dell’autrice. Fa sorridere inoltre la sua capacità di prevedere (quasi) gli eventi perché la storia di Carl molto ricorda la recentissima vittoria alle olimpiadi di Marcell Jacobs nella gara dei 100 metri piani. Si fa presto a fare le comparazioni, poiché Carl sembra destinato alle stesse glorie.
Lo stile dell’autrice rimane poco arzigogolato, non troviamo barocchismi inutili e, anzi, in alcuni punti, pecca di troppa semplificazione: mi sarebbe piaciuto, ad esempio, un approfondimento sulla figura di Fulli, sulla sua storia personale, avrebbe ancor di più esaltato sia il suo personaggio che quello di Carl. Lo stesso discorso vale per Elisa, forse il personaggio meno caratterizzato di tutti.
Ricordiamo però che si tratta di un romanzo d’esordio, che lascia ben sperare in una futura replica. Per la sua sobrietà e, perché no, la sua delicatezza, Limite bianco può essere un libro per un pubblico adulto, ma anche e soprattutto per un pubblico adolescente, perché di questo si tratta: di un ragazzo inesperto in balia degli eventi che cerca di definire se stesso attraverso gli errori, le svolte impreviste e i primi passi in una vita che tutto sembra tranne che sorridente.