“È tardi!” il tempo dell’amore e dell’indipendenza nel testo di Eduardo Savarese

Eduardo Savarese, È tardi!
Wojtek Edizioni, 2021

«Sempre libera degg’io folleggiare di gioia in gioia, vo’ che scorra il viver mio pei sentieri del piacer». È uno dei pochi, pochissimi versi tratti da un’opera che conosco e che mi permetto di fischiettare, perché mia mamma lo canta – o almeno ci prova – da sempre. Non ho mai ascoltato l’opera, nonostante una (superficiale) conoscenza della musica classica e una curiosità spasmodica pressocché verso tutto. Eppure, forse per mancanza di spunti in casa – eppure mio nonno, lo ricordo, conservava in soffitta tantissimi vinili con le opere liriche più disparate – o forse per una distanza culturale e generazionale, o più tristemente per mancanza di volontà, io non credo di aver mai avuto il privilegio di ascoltare – dal vivo o registrata – un’opera lirica per esteso. Questo, fino a che non ho letto È tardi! di Eduardo Savarese, edito da Wojtek Edizioni.

Chiuso il libro, in una fredda sera di pioggia qui a Cambridge, ho subito cercato online “Madama Butterfly” e l’ho guardata, ascoltata, per intero. Ho versato fiumi di lacrime identificandomi in Cio-Cio-San, e credo di aver capito un po’ di più le parole, soprattutto il titolo dell’opera, scritte da Savarese.

“È tardi!” è un testo ibrido tra il saggio e il memoir: ogni capitolo analizza in modo monografico una delle figure femminili protagoniste dell’opera lirica: Violetta Valery, Madama Butterfly, Carmen, La Contessa, Lucia di Lammernoor, Elektra e Norma. Ognuna di queste donne viene guardata con profondità da Savarese, che non solo ci regala una prospettiva completa dei personaggi e delle opere nelle quali queste donne sono inserite, ma riesce a trasmettere al lettore anche la cura, l’affetto, l’amore che egli stesso nutre per ognuna di queste donne spettacolari. E questa cura si evince anche e proprio dalla scelta strutturale: un saggio che viene continuamente contaminato dai ricordi, dalla nostalgia, dalla paura e dai desideri di un uomo, un giovane, un ragazzino alla scoperta di se stesso. Se Eduardo Savarese non avesse amato, e non amasse ancora ognuna di queste figure femminili, concepire una mistura così precisa tra realtà e finzione sarebbe stato impossibile.

Il saggio non si limita a una descrizione didascalica delle opere; ognuno dei capitoli è un’occasione per approfondire una tematica, un aspetto peculiare della femminilità, dell’amore e delle relazioni, il tutto senza mai scadere nel pressapochismo o nel cliché. In alcuni passaggi del testo le descrizioni, decorate da precise citazioni testuali, sono così appassionate e sofferte – nella migliore accezione del termine – che si sente quasi il velluto delle sedute del teatro, l’odore di polvere e legno, il calore dei faretti puntati sul palcoscenico, il cigolio del legno del pavimento dei palchetti. Durante la lettura, ho più volte sperato di avere la possibilità di ascoltare Maria Callas dal vivo: un giorno forse, nel teatro dell’epilogo. In compenso, ho praticamente consumato la registrazione della sua interpretazione di Cio-Cio-San che canta “Un bel dì vedremo” Il saggio non si limita a una descrizione didascalica delle opere; ognuno dei capitoli è un’occasione per approfondire una tematica, un aspetto peculiare della femminilità, dell’amore e delle relazioni, il tutto senza mai scadere nel pressapochismo o nel cliché. In alcuni passaggi del testo le descrizioni, decorate da precise citazioni testuali, sono così appassionate e sofferte – nella migliore accezione del termine – che si sente quasi il velluto delle sedute del teatro, l’odore di polvere e legno, il calore dei faretti puntati sul palcoscenico, il cigolio del legno del pavimento dei palchetti. Durante la lettura, ho più volte sperato di avere la possibilità di ascoltare Maria Callas dal vivo: un giorno forse, nel teatro dell’epilogo. In compenso, ho praticamente consumato la registrazione della sua interpretazione di Cio-Cio-San che canta “Un bel dì vedremo”.

Dopo Il tempo di morire, sempre per Wojtek Edizioini (2019), Savarese ci ha donato una vera perla, capace di colmare il vuoto culturale in chi, come me, non ha mai avuto modo di ascoltare l’opera, in grado di riaccendere l’interesse in chi già ha fatto la conoscenza di queste opere. Soprattutto però, “È tardi!” è capace di commuovere, far rivivere emozioni antiche, malinconiche, sentimenti di mancanza e bellezza, per ricordarci, insieme alle sue eroine, che non è mai troppo tardi per vivere.

Clelia Attanasio

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