Ezio Sinigaglia, Fifty-fifty. Warum e le avventure Conerotiche
Terrarossa Edizioni, 2021

Scrivere un romanzo sull’amore e sulle sue forme è complicato: si ha la sensazione di aver già letto e detto tutto sull’argomento. Calpestare un suolo già ampiamente battuto è un’azione incosciente ma, se l’operazione riesce, ecco che l’impresa denota coraggio e una buona consapevolezza di sé. Ezio Sinigaglia questa consapevolezza la possiede, eccome se la possiede: Fifty-fifty. Warum e le avventure Conerotiche è un romanzo amoroso che non dà la sensazione di star leggendo una storia d’amore, forse perché sono gli stessi protagonisti – uno in particolare – a non esternare le emozioni in modo canonico.
La trama è un crogiuolo di sentimenti più o meno corrisposti, sullo sfondo di una villa in Versilia. Aram, il protagonista, è ospite del suo amico Stocky in questa meravigliosa villa – uno scenario che fa pensare a un’avventura di Hercule Poirot – dove conosce Fifty Fifty, nomignolo di Stefano, l’uomo del quale si innamorerà perdutamente. La loro relazione-non-relazione – tutta giocata sui detti e i non detti, i desideri realizzati e i desideri frustrati – durerà tre anni, sei mesi, dodici giorni.
Per quanto questo romanzo sembri giocare sul concetto di medietà – il nome parlante dell’oggetto d’ampre di Aram richiama proprio il fatto che Stefano lascia le cose a metà, si spinge sul mezzo, disegna continuamente limiti – in realtà questo testo può essere tranquillamente analizzato in continuità con i testi precedenti di Sinigaglia, che giocavano invece sul concetto del doppio. Fifty Fifty non è, come potrebbe pensare Aram, un uomo che si concede solo a metà, ma un uomo che vorrebbe concedersi e, contemporaneamente, non sa di volerlo: “Visto che non sapeva d’esserlo già, innamorato”. La quantità di nomignoli che il protagonista gli attribuisce rende già l’idea di quanto frastagliata, duplice, irrisolta e binaria sia la personalità di Stefano-Fifty Fifty-Phephen- Phéphane-Féfienne-Fifì.
Aram e Fifì restano intrappolati nel mezzo che Fifì aveva creato per loro: un luogo immaturo, che non è né carne né pesce, un luogo di comfort e discomfort contemporaneamente, dove non si sceglie e non si vuole scegliere: per paura di perdere “il resto”, Fifì trascina Aram in un posto dove si perde tutto e non si ottiene niente. Anche l’esclusività che Aram promette all’amato – e mai amante – è un monolite che sembra essere un inno alla rinuncia: pur di avere lui, non avrò neppure lui.
Il linguaggio ironico e spericolato di Sinigaglia mitiga molto la percezione di disagio psicologico che traspare dalla relazione tra Phephen e Aram. Sinigaglia in questo è magistrale: quando la narrazione sta per perdere la luce dell’ironia e della spensieratezza, ecco che l’autore riporta la storia sui binari, facendo perdere – volontariamente – al lettore la prospettiva reale di quella che è la relazione tra questi due uomini: dipendente, fatta di cure a metà, di mezzi intenti e mezzi impegni. A fare da monito restano solo le azioni, ma nessun giudizio traspare: è la fotografia vera, reale, di come Aram percepisce la sua relazione con un uomo che, in fondo, è innamorato di lui ma non lo sa, impaurito da sé stesso.
Concludendo, Sinigaglia con questo romanzo è riuscito a espandere una trama con avvenimenti davvero scarni, dove però psicologicamente tutto accade: la storia è la mente stessa dei personaggi, tutti i loro nomi parlanti assumono sfumature sempre più dettagliate mano a mano che la narrazione procede, anzi, mano a mano che la narrazione si espande, questa è la sensazione primaria leggendo Fifty-fifty. Warym e le avventure Conerotiche. Attraverso questo romanzo, la locuzione latina Nomen omen prende vita e va in scena.