Prima puntata della rubrica “Quaerere consiglia”: una volta a settimana, per tutta l’estate, un membro a turno della redazione darà i suoi consigli letterari per l’estate: sette libri per sette giorni, così da dare degli spunti di lettura di ogni genere e sorta. Questa è la settimana n. 1, ti aspettiamo ogni lunedì per nuovi consigli letterari fino a settembre!
1. Iliade, Omero (VIII secolo avanti Cristo, circa)
Perché ostinarsi a proporre la lettura dei canti di Omero? Vale a dire: perché ostinarsi a contemplare la natura degli uomini? Perché ostinarsi a piangere insieme a Priamo e ad Achille? Perché ostinarsi a correre intorno alle mura di Troia insieme a Ettore? Perché ostinarsi a ridere con Odisseo di Tersite? Perché ostinarsi ad ardere insieme al coraggio di Patroclo? Perché, infine, ostinarsi a sognare le onde accarezzare il lido infuocato di Troia e sentire il tempo rigenerarsi, antico, dentro di noi?
2. Fedro, Platone (370 avanti Cristo, circa)
Nella calura di un mezzogiorno di innumeri secoli fa, il vecchio Socrate spiegava al giovane Fedro che cose fosse l’anima umana. Sembrerebbe essa simile a un carro alato, condotto da un auriga e due cavalli. Pure, assai difficoltosa è la conduzione di questo carro, ché un cavallo tira in una direzione, mentre l’altro nell’altra; all’auriga il compito di tenerli a bada. Verso dove condurre questo carro, poi? In alto, ovviamente.
3. Decameron, Boccaccio (1349-1353)
Leggere il Decameron equivale ad apprendere la grazia, elegante e arguta, leggera e irrequieta, ridanciana e tragica, espressa attraverso la parola. Il Decameron è un universo di parole così ricco e caleidoscopico da poter dare accoglienza a qualsivoglia lettore: ogni anima vi ritroverà la sua personale tensione, sia essa comica o tragica, melanconica o dionisiaca, lieve o complessa. Vale ancora specchiarsi in questo frammento luminoso dell’universo.
4. Rime, Michelangelo Buonarroti (1623)
Giovanni Strozzi, ammirato dallo splendore della Notte di Michelangelo (Sagrestia Nuova di San Lorenzo), compose un epigramma in cui si doleva del silenzio della statua muliebre. Michelangelo le diede, allora, la parola; così: “Caro m’è ’l sonno, e più l’esser di sasso, / mentre che ’l danno e la vergogna dura; / non veder, non sentir m’è gran ventura; / però non mi destar, deh, parla basso”.
5. Winesburg, Ohio, Sherwood Anderson (1919)
Fonte d’ispirazione per generazione di letterati statunitensi, e non solo, i racconti di Sherwood Anderson hanno spesso il pathos di una lirica; lirica di materia povera, ben inteso, quella che se ne poteva trarre dalle anime degli abitanti di Winesburg. Pure, una volta percorsa l’ultima pagina della raccolta, la domanda sorge spontanea: quante corde possiede l’anima umana?
6. The Razor’s Edge, Somerset Maugham (1944)
Inno all’irrequietezza. L’occhio esperto di cose umane proprio della voce narrante, alter ego dell’autore stesso, osserva i movimenti dell’anima irrequieta di un giovane, il quale percorre in lungo e in largo il mondo, quello esteriore e quello interiore del pari, alla ricerca di qualcosa. Questo racconto valga come esempio dell’autentico tormento interiore, frutto del pensiero e non dell’oziosità; di un tormento attivo, volitivo, vibrante e, in quanto tale, eterno.
7. Il paese delle nevi, Kawabata Yasunari (1947)
Il racconto di Kawabata Yasunari non parla di nessuno dei temi di cui tratta: non parla d’amore, né di pazzia, né di disperazione, né di abbandono, né di speranza, né di salvezza, né di bellezza. Si tratta della storia di un amore folle e disperato di due anime belle che sperano di trovare nell’abbandono dell’una nell’altra la propria salvezza. Da proporre alla lettura allo scopo di ingentilire gli animi; “e mi è sembrato”, come ebbe a dire un vecchio filosofo, “che ai nostri giorni non sia da spregiare nessuna forza, pur modesta e umile, che concorra a tal fine”.