Due bango

Dalla settimana scorsa, nel giardino di Maya, sta seduto il diavolo. Lei non mi ha detto niente, l’ho scoperto perché dal balcone della cucina si vedono solo due cose: la chiesa di San Giorgio e il retro del suo giardino. Con il gazebo, le aiuole e tutto il resto.

Nei primi giorni non me ne ero accorta. Lavavo i piatti guardando le campane, un po’ più in alto. Poi mi è caduto l’occhio sulle panche che Maya ha fatto sistemare due anni fa, e l’ho visto. Stava su quella più vicina al muretto, con gli occhi socchiusi.

Oggi ho deciso di andare a parlargli per vedere se mi rilascia un’intervista (il mio capo sarebbe contentissimo. Certo, bisognerebbe assicurare al nostro pubblico che è proprio lui. Ma un’autocertificazione credo basterà). Così attraverso la strada e mi avvicino al muretto. Quando lo raggiungo, il diavolo mi dà le spalle.

– Credevo non ti piacesse, la luce del sole – provo a dire, per rompere il ghiaccio.

– Perché?

Me lo chiede senza girarsi.

– L’inferno sarà più buio, no?

Il diavolo fa schioccare la lingua contro il palato.

– Vedrai quanta luce emana il fuoco, quando verrai.

– Come sarebbe, quando verrò?

– Non ti va? Credevo ti piacesse, l’inferno.

– E cosa te l’avrebbe fatto pensare?

Un attimo dopo mi ritrovo davanti alla sua faccia, l’occhio destro coperto da un ciuffo di capelli biondi. Mi sorride, il diavolo. Quasi impietosito.

– Le tue lettere per Maya, per esempio.

– E tu come fai a saperlo?

– Sono il diavolo, te le ho dettate io.

– Questa poi!

– Hai fatto arrabbiare parecchia gente, sai? Ai piani alti è ancora disturbante.

– Cosa? Amare una donna?

– Figurati amarne due.

– Io non amo due donne…

– No, ne ami tre.

– Andiamo!

Lo dico e mi muovo davvero, sposto il peso del mio corpo da un piede all’altro. Il diavolo capisce che sono a disagio, ma continua a stiracchiare la bocca.

– Subito a pensare allo zampino del diavolo, voi.

– Quindi era una battuta?

– Credi davvero che perderei il mio tempo a ispirarti versi d’amore?

– In ogni caso non sarebbe un buon motivo per finire all’inferno.

– Qualunque cosa è un buon motivo per finire all’inferno.

– È per questo che sei in vacanza? Lasci che la gente ci finisca da sola, là sotto?

– “Là sotto”…

– Insomma, hai capito.

– Ti comunico che l’inferno sta quattrocento miliardi di chilometri sopra l’atmosfera.

– Che cosa?

– Dall’anno prossimo cinquecento.

– È l’ennesimo scherzo?

– Naaaah – scandisce con la sua voce stridula, quasi da bambina. – Ribadisco: lo vedrai tu stessa.

– Senti, non sono venuta per organizzare una gita fuori porta. Ero qui per chiederti un’intervista…

– A me?

– Sai, sulla tua storia. Qualche aneddoto, i tuoi progetti futuri…

– Non saprei da dove cominciare.

– Basta che tu sia te stesso. Alla gente è questo che piace.

– Buono a sapersi.

Faccio un passo avanti e appoggio il mio Sony sul muretto.

– Mi dài il permesso di registrare la conversazione?

– Certo che no! Non devo mica dettarti i comandamenti.

– Però non sarebbe una cattiva idea.

– Come dici?

– “La variante del diavolo: i comandamenti del terzo millennio”.

– Mi rifiuto categoricamente di collaborare.

– E va bene, niente remake. Però devo registrare tutto. E ti darò del lei, d’accordo?

Il diavolo fa un gesto con la mano, tra il contrariato e il rassegnato. Io schiaccio play e mi schiarisco la voce.

– Ci troviamo qui con il diavolo in persona.

– Be’, in persona…

– Ci troviamo qui con il vero diavolo.

– Certo, quelli finti saranno tanti.

– Lei in cosa si distingue dalle imitazioni?

– Mah. Direi che ho più responsabilità.

– E che puzza di più?

– A te sembra che puzzi?

– Di zolfo, dico.

– Senti odore di zolfo?

Mi concentro.

– No, direi più di lavanda.

– Appunto.

– Circoleranno decine di voci false, sul suo conto.

– Suppongo di sì. Non le ho mai contate.

– Qualcuna sarà arrivata alle sue orecchie, però… A proposito, sono davvero a punta?

– Le mie orecchie? Tu che ne dici?

Sposto il collo in avanti.

– No, non mi sembra.

– Abbiamo sfatato un altro mito.

– Almeno uno fondato ci sarà?

– Su due piedi non me ne vengono in mente…

– E su quattro?

– Non sono mica un gatto!

– Ecco, ha fatto bene a specificarlo. E non ha nemmeno la pelle rossa, a quanto pare.

Il diavolo sghignazza.

– Cosa c’è? Non sapeva della pelle rossa?

– No, lo sapevo eccome. A me associano ogni sorta di stranezza. Se è bizzarro, insolito, anormale, allora è demoniaco.

– Non è così?

– No che non è così. E mi stupisce che con Dio invece non accada mai.

– In realtà mi sembra molto ragionevole…

– Prevedibile, forse. Ma non ragionevole.

– Si spieghi meglio.

– Non sta a me raccontare certe cose, però… Chi vi dice che la pelle di Dio sia chiara e liscia, per esempio?

– Non lo è?

– Dovreste chiederlo a lei.

– A lei chi?

– A Di… no, aspetta. Questo non l’ho detto. Si può tagliare, poi, non è vero?

– Non è mica una diretta.

– Ecco, non trascriverlo allora, o quello che è. Non dire che l’ho detto. Mi raccomando.

– Ma detto cosa?

– La faccenda di Dio… Lei non vuole che si sappia.

– Non vedo perché non dovrei trascriverla, sarà la notizia del secolo.

– Della storia, vorrai dire! Sarebbe l’unica notizia che… Per favore, non farlo, mi metteresti nei guai.

– Con Dio?

– Tu non hai idea di cosa sia capace di fare, quella lì.

Sembra in difficoltà. E inizia a starmi simpatico.

– Mi dica qualcos’altro che renda degna di nota questa intervista. Finora è stato così sintetico, così schivo…

– Non sono abituato a parlare di me.

– Ecco, riprendiamo da qui. Perché non è abituato a parlare di sé?

– Di solito la gente mi sta alla larga.

– Ed è una cosa che la infastidisce?

– Non proprio, io… Mi piacerebbe essere meno discriminato, tutto qui.

– Perché ritiene di essere discriminato?

– Sono il capro espiatorio perfetto.

– Ha un talento naturale, direi.

– Ce lo tramandiamo da generazioni.

– A proposito di generazioni, vuole parlarmi della sua famiglia?

– Ecco, io… Ho avuto due padri, morti entrambi giovani.

– Due padri?

– Sì, be’… Come Dio ha avuto due madri. Sai come vanno certe cose.

– Come vanno, certe cose?

– Lascia perdere. Ho avuto due padri e quattro serpenti, fine della storia.

– È una buona media, dalle sue parti?

– Quella dei serpenti è un po’ al ribasso, per via dei cambiamenti climatici e tutto il resto. Ci stiamo abituando, comunque.

– Vanno ancora a tentare la gente nel giardino dell’Eden?

– Sfido, li addestriamo apposta.

– Come si addestra un serpente a tentare una persona?

– Non deve trattarsi per forza di una persona. Capita anche con i cavalli, o con i delfini.

– Da cosa è tentato un delfino?

– Questo è un segreto professionale.

– Va bene, cambiamo argomento. Dica un po’, lei fuma?

– Io? Per carità!

– Adesso non mi dirà che è pure astemio.

– Non esageriamo. Faccio le pentole, non i coperchi.

– Vuole dire che…?

– Che anch’io ho qualche vizio, sì. Per lo più innocuo.

Gli sorrido. Non mi aspettavo uno stinco di Santo, però la sua maniera di parlare è così umile…

– Qual è il suo tallone d’Achille? Gola, superbia, avarizia?

– Non proprio.

– Invidia? Ira? Lussuria?

– Accidia, l’unico che non hai nominato.

– Il diavolo, accidioso?

– Provaci tu a gestire milioni di anime dannate. A un certo punto l’indolenza è l’unica via d’uscita.

– E quindi cosa fa?

– Esco, letteralmente. Vengo quaggiù, sulla Terra.

– Dice “quaggiù” perché mi spiegava che l’inferno…

– Sì, sta a parecchi miliardi di chilometri sopra le vostre teste.

– Da lì ci spiate quando facciamo la doccia?

– Solo quando vi masturbate. Scherzo, non ti agitare! Abbiamo dei canali porno migliori, che rispettano le leggi sulla privacy.

– Anche Dio guarda i canali porno?

– Non credo.

– Mi pareva.

– Ha stipulato dei contratti esclusivi per recitare nei principali film del settore. Quando torna a casa ne avrà già fin sopra ai capelli.

– Quindi anche Dio abita da qualche parte?

– Ti aspettavi che dormisse per strada?

– Be’, non era della gente più povera, il regno dei cieli? O qualcosa del genere.

– È per quello che vive con loro, in un palazzo con piscina.

– E mi diceva che ha pure i capelli?

– Ho detto così? Sì, anche se noi non usiamo spesso quella parola.

– E che parola usate?

– Non ne usiamo nessuna, in realtà.

– Non usate le parole.

– No.

– E come comunicate?

– È una cosa fuori moda, la comunicazione. Abbiamo smesso millenni fa.

– E non vi annoiate?

– All’inizio un po’ sì. Poi abbiamo iniziato a ripensare le nostre giornate.

– In che modo?

– Dipende. La lingua di fuoco ha dovuto reinventarsi, per esempio. Ora è una discreta atleta di salto in lungo.

– Lei invece resta fedele al suo lavoro.

– Sì, io giudico e mando secondo ch’avvinghio. Con qualche tortura qua e là.

– Non era Minosse, a giudicare eccetera?

– Ti do un consiglio.

– Prego.

– Non fidarti troppo di Dante Alighieri.

– Perché?

– Non poteva essere troppo accurato. Abbiamo raggiunto dei compromessi.

– E come?

– Anche questo è un segreto professionale.

– Non gli avrete fatto del male, spero…

– Ma per chi ci hai preso? Non siamo mica come voi!

– Come sarebbe, che non siete come noi? Dio non ci aveva creato a sua immagine e somiglianza?

Da casa si affaccia Maya. Sapevo che sarebbe successo, presto o tardi.

– Vera – grida appena mi vede – che diavolo stai facendo?

Buffa, la sua domanda.

– Faccio due chiacchiere col diavolo, ho quasi finito.

– Due chiacchiere con chi?

– Col diavolo!

– Con chi?

– Con… con Paolo! – che sarebbe mio cugino, e uno dei suoi amici più cari.

– E dov’è? Non lo vedo.

– Dopo ti spiego.

– Va bene, fra poco vi raggiungo!

Quando la sua testa scompare, torno a fissare il diavolo. Il mio Sony sta ancora registrando.

– Maya non sa che lei è qui?

– Non esattamente.

– Sta occupando in modo illecito la sua proprietà?

– Non c’è illecito dove non ci sono prove, dico bene?

– Certo che ci sono! Io la vedo nel suo giardino, proprio adesso.

– Tu mi vedi perché l’ho deciso io.

– E perché lo avrebbe deciso, signor diavolo?

– Perché sapevo che saresti venuta a parlarmi.

– Quindi sapeva anche dell’intervista?

– Sì e no. Conoscendoti, lo presumevo.

– Non sarà un po’ arrogante, da parte sua?

– Ammettere che ti conosco? Dopo tutti questi anni…

– Alla faccia della privacy.

– Oh, ma la rispettiamo, la privacy.

– Ah sì?

– Abbiamo accesso solo a quello che fate, per esempio. Non a quello che pensate.

– Vale anche se sono sola e, che ne so, mi scaccolo?

– Già. Fortuna che poi ti lavi le mani…

– Roba da non credere!

– Non c’è da alterarsi, sai. Siete tanti di quei miliardi che non riusciamo a starvi sempre dietro. Diamo un’occhiata a campione, di tanto in tanto.

– Un attimo fa ha detto di conoscermi da anni.

– Sì, con te è stato diverso.

– Un suo serpente si è affezionato a me?

– No, tu… Abbiamo scommesso su di te, per semplificare.

– Scommesso su cosa?

– Non posso dirtelo, riguarda un evento che non ti è ancora successo.

– Sto per morire?

– No.

– Per sposarmi?

– Non farla tanto tragica! È un evento come un altro.

– E allora come mai tutto questo interesse da parte vostra?

– Il fatto è che…

– Che poi, scusi se la interrompo, ma chi sareste “voi”? Dio e…?

– Angeli, arcangeli, demoni…

– Vivete tutti insieme?

– Tranne la Madonna e San Giuseppe, che stanno in una dépendance.

– E avete puntato dei soldi su di me.

– Non dei soldi, no.

– Che cosa avete scommesso?

– Una cosa che da voi non esiste.

– Tempo libero?

– Quello non c’è neanche da noi. No, abbiamo scommesso due bango.

– Due bango.

– Sì.

– E cosa sarebbero?

– È complicato da capire.

– E io sono un essere inferiore, certo.

– Non ho detto questo, è solo una lunga storia.

– E va bene, posso almeno sapere chi sta vincendo la scommessa?

– Dipende da cosa farai da domani in poi.

– Uhm. C’entra qualcosa questa intervista?

– No, l’intervista era un mio piacere personale.

– Mi era parso di capire che non le andassero a genio, le mie domande.

– Ero curioso di conoscerti, non di trasformarmi nel tuo servizio del mese.

– Eppure lo è appena diventato.

– È stato il prezzo da pagare.

– Ne è valsa la pena?

– Tu che ne dici?

– Be’, quella su Dio è roba forte.

– Ti ho parlato più di lei che di me, praticamente.

– È vero… Non ha progetti futuri, lei?

– Sì, un paio li ho. Vuoi sapere quali?

– Uno potrebbe essere trovarsi un hobby e lasciarmi in pace.

– Touché.

– Non avrà per caso anche una cotta per Dio?

– Io? Puah!

– Sarebbe un sì?

– Ho in programma di farmi un tatuaggio.

– A forma di Dio?

– La smetti? No, a forma di oceano. È un concetto che mi ha sempre affascinato.

– Perché non ci sono fiamme, magari? Né esseri umani?

– Può darsi… E poi vorrei fare carriera in purgatorio.

– Il diavolo, in purgatorio?

– Ci sono molte meno anime, lì. Di più giovani, più disabili e più animali, però nell’insieme sono meno che da me.

– Cosa le fa pensare di essere la figura giusta per… Quale sarebbe la sua mansione, nello specifico?

– Prima assistenza e registrazione. Lo facevo anche all’inferno, ma a ritmi più frenetici. Ora ho smesso, ho un aiutante.

– E vorrebbe lasciare il suo lavoro per fare gavetta in purgatorio?

– Forse è prematuro per sperarlo, ma mai dire mai.

– Già che ci siamo, avrei una curiosità.

– Dimmi.

– Com’è andata davvero la storia della ribellione?

– Paolo se n’è andato? – mi chiede Maya, che ci ha raggiunto senza che la vedessi arrivare. Ho un sobbalzo, però mi ricompongo subito.

– In questo momento.

– Con chi parlavi, allora?

– Io? No, pensavo ad alta voce.

– A una ribellione?

– Avevo letto una notizia strana.

– Prendo il telefono e raggiungiamo Paolo, va bene? Ho una cosa da dirgli, finché è nei paraggi. E vorrei che ci fossi anche tu.

– Vai, ti aspetto.

La guardo rientrare di corsa, con le caviglie scoperte. Il diavolo mi lancia un’occhiata obliqua.

– Tatuaggio a forma di Maya? – mi punzecchia.

– Piantala – borbotto, tornando a dargli del tu.

– Carino il velo, fra l’altro – continua come se non mi avesse sentito.

– Non credo lo porti perché è carino.

Spengo il Sony e me lo metto in tasca.

– Fa’ attenzione con l’intervista – mi ammonisce il diavolo.

– Prenderò esempio da Dante.

Lo vedo strizzarmi l’occhio e spostarsi il ciuffo dietro l’orecchio.

– Ah, e per quella scommessa…

– Sì?

– Fossi in te aprirei la bocca, e poi la terrei ben chiusa.

– Eh?

Non faccio in tempo a dirlo che lui è già sparito.

Dove prima c’era la sua camicia rosa riappare Maya. Per un attimo mi guarda come se non mi riconoscesse, poi mi chiede:

– Da quand’è che hai quei bernoccoli in testa?


Traduttrice di formazione, Eva Luna Mascolino (Catania, 26 anni) ha vinto il Campiello Giovani 2015 con “Je suis Charlie” (edito da Divergenze), tiene corsi di scrittura, lingue e traduzione, e collabora con concorsi, festival e riviste. Ha frequentato il master in editoria di Fondazione Mondadori, AIE e La Statale, e ora scrive su ilLibraio.it. Nella litweb ha pubblicato oltre 50 storie brevi.

Redazione

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