Ciao, sono il Tempo.
Piacere di conoscerti.
Ebbene sì, ho deciso di venire allo scoperto per aiutare tanta gente che ha la testa incasinata…
Moltissimo tempo fa, circa 15 miliardi di anni, mi sono svegliato e da allora sono preda di un’insonnia tremenda.
Mi sono svegliato e attorno a me c’era il nulla eterno, cioè nient’altro che me…
E io sono di una noia mortale, perché non posso fare altro che scorrere…
Quando mi sveglio però sono terribile, perché incomincio a dar vita ad una serie interminabile di mondi che si riempiono di me in ogni più piccolo pertugio.
Non posso non esserci, sono in ogni dove.
Alcuni di voi mi hanno chiamato Dio, può darsi, non lo so; in anni luce, come li chiamate voi, non ho incontrato nessuno che mi abbia convinto che esiste altro oltre me… dentro di me ho solo la consapevolezza che l’unica forma di verità sono io, ossia il tempo che scorre. E io scorro ovunque. Nessuna forza mi può annullare.
Nel mio permanete fluire, altro non ho fatto che giocare, e continuo a farlo, perché non ho altro da fare…
Ho deciso di assumere le sembianze della persona che sta scrivendo queste pagine, per farti capire che la vita è un gioco temporale, in cui si può vivere benissimo, come i bimbi appena nati, con un’unica regola: non puoi non giocare!
Ti sei mai chiesto perché la vita è un gioco surreale di incastri?
È solo una questione di tempi. Lo so che non ci hai mai pensato, ma è così…
È un autentico capolavoro di follia mentale trascorrere l’esistenza a dannarsi l’anima per le occasioni perse; in realtà, non puoi perdere nulla, perché l’unica cosa che c’è sono io, il tempo, e io non posso essere perso, solo vissuto. Assomiglio ad una grande tela in cui puoi divertirti a dipingere la vita che vuoi.
Può non piacerti il soggetto che vedi rappresentato, ma sarà solo una questione di gusti. Il tempo di certo non lo hai sprecato. Magari non lo avrai utilizzato come ti sei convinto che fosse giusto, ma perso proprio no: è tecnicamente impossibile.
Quello di cui ti puoi lagnare è non aver avuto la sorte di essere educato a vivere il tempo, a non capire che se le cose, nonostante i tuoi sforzi, non sono andate nella direzione desiderata, non c’è da lamentarsi, ma da impegnarsi a cogliere le occasioni nuove che possono dipanarsi davanti a te.
Questo non vuol certo vivere in balia del destino, come lo chiamate voi. Io che vivo da sempre questo destino non l’ho mai incontrato. Se tutto è nel tempo, se tutto promana dal tempo, allora dovrebbe essere un mio figlio, e volete che non lo conosca? Non c’è, è solo un brutto gioco inventato da qualche mattacchione e a cui si finisce per credere. Tutto ciò che accade perché frutto del destino altro non è che un isotopo del tempo. Non ci sono verità da cercare, ma solo tempo da vivere.
Tutto quello che possiamo fare altro non è che semantizzare, incessantemente, il tempo, cifra unica dell’essere, un certo Kant mi pare che ve lo abbia detto. Quando si smette di semantizzare, ossia quando l’anima ozia, nella mente si generano mostri, e anche questo mi pare che San Benedetto ve lo abbia spiegato benissimo.
Tutti gli uomini, per natura, sono votati alla conoscenza, vi ha spiegato Aristotele. Quando smettete di conoscere, tornate allo stato belluino, dirazzate, azzannate! E conoscere significa ricondurre tutto ad unità. Che cosa sarebbe un essere se non fosse uno? Vi ha urlato, Plotino, che ho avuto il piacere di conoscere personalmente; quando andava in estasi vedeva me…
Unità chiare e distinte, vi ha fatto capire Cartesio; solo il cammino lungo la via dell’unità può riportare pace nella mente.
Se sto volendo scrivere queste pagine, è perché voglio farti capire che c’è una sola cosa da fare quando avverti il disagio esistenziale: mettiti alla ricerca del momento in cui hai smesso di ricercare l’unità dell’essere. Quando trovi quel momento, ai tuoi occhi si dipanerà il cammino che devi percorrere per riappropriarti del piacere della vita.
Quando smetti di contare unità, tutto ti sembra indistinto. Ecco, quello che vorrei farti capire è che hai dimenticato come si fanno i conti!
I bambini, ancor prima di contare, i conti sanno farseli benissimo: sanno quello che vogliono. Poi iniziano ad ascoltarci e, per imitazione, inizieranno a disimparare come si fanno i conti con la vita.
Sapete perché sbagliate a farvi i conti? Perché contate anche lo zero, dimenticandovi che ha solo valore posizionale. Purtroppo, se contate lo zero, nessun conto potrà mai funzionare. Ecco, voi sbagliate a farvi i conti perché allo zero date un valore enorme.
Cos’è questo zero? Un valore che non esiste se non fuori dall’essere che lo pensa e che si chiama “avere”, il principale nemico dell’”essere”.
Credete che non sia così? Vi siete mai chiesti quale categoria sociale acquista il maggior numero di ansiolitici o deve ricorrere a cure mentali specialistiche? La classe sociale di chi ha. I maggiori disagi esistenziali, quelli che superi solo se ti aiuta uno specialista della mente, nascono quando la tua mente cerca di dare valore a ciò che ha e non a ciò che è.
Ecco, per vivere bene, occorre sommare essere e sottrarre avere, il risultato sarà pura vita.
Vincenzo Campisi: docente di Materie letterarie nella Scuola secondaria di I grado, Dirigente scolastico, docente a contratto nei Laboratori di Didattica speciale dell’Università di Catania, è autore di racconti filosofici e di articoli sulla didattica della scrittura e sulla governance delle Istituzioni scolastiche.