Chiromantica medica: racconti tra surrealismo e tridimensionalità

Chiromantica medica, Alessio Mosca
Nottetempo, 2022

Raramente mi succede di sorridere – o addirittura di ridere – durante la lettura in
un libro. Non so come mai, trovo forse che sia più facile suscitare la commozione che la risata; non è un pensiero molto originale, questo, ma lo trovo vero nella mia esperienza.

Il primo racconto della raccolta “Chiromantica medica” di Alessio Mosca, edito da
nottetempo, mi ha invece totalmente smentita. Ho riso molto, soprattutto in alcuni passaggi, e sono rimasta affascinata dalla scrittura di Mosca sin da subito. Questo non perché la storia fosse intrigante – lo è, ma non è il punto – ma perché la costruzione narrativa del racconto, ma soprattutto le considerazioni, erano intelligenti. Alessio Mosca ha una scrittura sagace e intelligente, e questo si evince lungo l’intera raccolta. A rendere acuti i suoi racconti è la – rara, rarissima – predisposizione dell’autore a unire
conoscenza e intuizione in modo spontaneo, senza che la scrittura risulti un esercizio di
stile e senza che, d’altro canto, le storie sembrino delle accozzaglie di idee sparpagliate. È
dote rara, e ci vuole molto esercizio per affinare una capacità del genere.

Chiromantica medica, come ho accennato, è una raccolta di nove racconti
ambientati tra Lazio e Abruzzo, in cui la simbologia sacra e quella profana si mischiano,
creando scenari a volte bizzarri – come nel caso del primo racconto, Io odio l’Ikea –, a
volte disturbanti e profetici insieme – come per Cristo s’è fermato a Spinaceto –, e altre volte
ancora Mosca riproduce scenari e sensazioni degni di un western contemporaneo, come
nel caso de I commissari e i loro boschi; la storia di un commissario che protegge gli alberi,
Ortese, che ricorda un personaggio di Cormac McCarty.

Quello che più colpisce di questa racconta – oltre all’acume e all’ironia sottile
dell’autore, di cui ho già parlato – è la tridimensionalità dei personaggi, nonostante questi
siano spesso assolutamente irrealistici e impensabili nel mondo concreto. Eppure, è facile
immaginarli e vederli muoversi nei mondi – anzi, il mondo simbolico di Mosca, che è uno
e molti, come un prisma – che l’autore ha creato per loro. Sono essere umani impossibili
e concreti, ossimorici come la scrittura di chi li ha partoriti; densi come le storie che
abitano.

Sono anche immobili, bloccati nella staticità di chi è fatto di estremi e simboli, che non può scendere a compromessi con sé stesso perché significherebbe corrompere la
propria intera esistenza. È questo il bello delle storie e degli uomini pensati da Alessio
Mosca: sono cristallizzati, e rappresentano in modo simbolico, ognuno a modo suo, una
parte del tutto.

Clelia Attanasio

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