Grazie Chanchúbelo, la riconferma del realismo delirante di Laiseca

Grazie Chanchúbelo, Alberto Laiseca (trad. L. Tassi)
Wojtek Edizioni, 2022

Chi ha avuto modo di parlare con me almeno mezza volta saprà (non ne faccio mistero) della mia passione per la letteratura sudamericana, e in particolare per Laiseca. Uomo delirante come la scrittura a cui assomiglia, ha vissuto una vita di povertà e sporcizia, conosciuto da chi con lui condivideva il genio, deriso dai più – come succede spesso, in realtà. Se si è letto qualcosa di suo, basta conoscere poco della sua biografia per riconoscere delle somiglianze: la scrittura di Laiseca, infatti, parla degli ultimi e degli invisibili, dei pazzi che popolano le città nelle sere illuminate dalla luce a intermittenza dei lampioni.

Non si discosta da questo filone Grazie Chanchúbelo, la raccolta di racconti tradotta da Loris Tassi (con una postfazione di Luca Mignola) e pubblicata quest’anno dalla Wojtek Edizioni – che si conferma sempre di più come punto di riferimento per questo tipo di letteratura delirante, sperimentale e affascinante.

Dicevo, i racconti non si discostano dallo stile generale dell’autore, in quello che molti hanno definito un realismo delirante; eppure in ognuno dei testi è possibile scorgere un “delirio” diverso, una sfumatura inedita della stessa follia che è la cornice della raccolta.

Cosa rende, allora, ognuna di queste storie assolutamente diversa dalla precedente? Le scelte, che cambiano e stravolgono ogni volta gli scenari, rendendo ogni racconto assolutamente improbabile e assurdo, un mondo onirico quasi da incubo. Gli uomini che popolano i mondi di Laiseca scendono a patti con scelte diverse, eventi irrazionali che sgorgano da ogni loro azione: non c’è nulla, o quasi, di coerente, eppure questi protagonisti sembrano seguire il filo degli eventi con una fede inaspettata, un’abnegazione alla narrazione che raramente si riesce a leggere in altri scrittori. È come se, in qualche modo, la fiducia di Laiseca per la letteratura si trasponesse nei corpi – martoriati, spesso disturbanti e scostanti – dei suoi protagonisti, rendendoli devoti alla loro stessa storia e lasciando che si perdano nelle conseguenze delle loro scelte con un atteggiamento quasi religioso: non c’è altro da fare che continuare a camminare, per vedere cosa accadrà.

Allo stesso modo, è questo l’atteggiamento giusto per intraprendere la lettura di Grazie Chanchúbelo: non proiettare nessun desiderio di forma o di stile, ma lasciarsi stupire e colpire da ogni racconto, rimettendo alla narrazione il compito di guidarci. Chi legge Laiseca l’avrà imparato già: non ci si può aspettare il senso della misura da uno scrittore così. D’altronde, lo si sa, il genio richiede la sregolatezza come valvola di sfogo per le sue idee.

Clelia Attanasio

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