Salvare il fuoco, Guillermo Arriaga
Bompiani, trad. Bruno Arpaia, 2021

Messico. Una terra meravigliosa, violenta e passionale, tanto grande da creare una piccola galassia popolata di stelle che si attraggono, si avvicinano e a volte si respingono, proprio come i protagonisti di questo imponente romanzo. Marina è una bellissima e giovane donna borghese, sposata con un rispettabile uomo d’affari, tre figli amorevoli e una carriera ben avviata come ballerina. José Cuauhtémoc è un uomo intelligente, passionale e selvaggio, tanto spietato da finire in carcere con una condanna a cinquant’anni per omicidio plurimo.
L’inferno della prigione si trasformerà lentamente in un luogo diverso, diventando il posto dove Josè incontrerà l’amore della sua vita: Marina, che entra in contatto con la realtà carceraria attraverso un’iniziativa culturale promossa da un suo caro amico. Tra Marina e Josè sarà amore a prima vista, una passione incandescente che capovolgerà l’esistenza di entrambi. Un amore che proprio come il fuoco, divora tutto quello che incontra.
Guillermo Arriaga è uno scrittore molto apprezzato in America e soprattutto in Europa, un autore che abbiamo conosciuto attraverso i film da lui scritti, la famosa “trilogia della morte” composta da “Amores perros” “21 grammi” e “Babel”, pellicole dirette dal maestro Alejandro Gonzàlez Inarritu. Film acclamati ai festival di cinema europei, che grazie ai premi internazionali e le candidature agli Oscar, hanno permesso allo scrittore di far conoscere a tutto il mondo la propria voce e il proprio stile.
In “Salvare il fuoco” le tematiche care a Guillermo Arriaga ci sono tutte: l’amore estremo, il sesso, il caso e soprattutto la morte. Proprio come nei film che ha scritto, i piani temporali sono diversi, i personaggi appartengono ad ambienti inizialmente molto distanti e l’intreccio risulta essere abile e ritmato. Il Messico è raccontato con intelligenza, senza cliché, un Paese nettamente diviso in cui una solidissima classe borghese vive meravigliosamente, senza per questo scendere a patti con la criminalità che tutti conosciamo: Arriaga infatti è abile nel descrivere il cartello della droga in maniera lucida, riuscendo però a stare fuori dalle dinamiche di genere e lasciando da parte i codici prettamente noir, non risparmiando tuttavia la critica ad un governo fantoccio che tratta con i signori del crimine e descrivendo nel dettaglio quello che i messicani vedono nelle strade: la crudeltà.
La sua è una scrittura sanguigna, che non risparmia nulla, che irrora la pagina di tenerezza, passione e violenza, una prosa in cui abbonda lo slang parlato dai personaggi che popolano le sue storie, le stesse in cui emerge l’amore sconfinato per la letteratura e i grandi scrittori.
“Salvare il fuoco” è un romanzo tanto bello quanto imperfetto. Sì, perché se da un lato il libro sprizza vitalità da ogni frase e riesce a coinvolgere enormemente il lettore, è anche vero che le pagine sono tante (845) e un’eccessiva ridondanza in alcuni momenti fa risultare i personaggi indigesti, soprattutto Marina, la protagonista, la quale, attraverso la sua voce tende sempre a rimarcare l’odio per la classe sociale a cui appartiene in pensieri un po’ didascalici.
Il signor Arriaga senza dubbio è bravo, ma forse eccessivamente consapevole del suo talento, esageratamente sicuro che i personaggi emozionino e che la sua scrittura rimanga indelebile nella mente del lettore, e questo, per alcuni versi lo fa risultare arrogante.
Certo, un romanzo deve smuovere la coscienza del lettore, altrimenti il concetto di esperienza viene meno, ma a tratti, in “Salvare il fuoco” l’inconsapevolezza, la forza dei personaggi, l’abilità di creare delle domande senza riuscire a fornire risposte, proprio come se le pagine scritte fossero una bestia viva che sfugge dalle mani, vengono messe in secondo piano dalla vanità dello scrittore, che attraverso i testi carcerari di Josè, il suo protagonista, riflette su cosa sia davvero la letteratura, dimenticando però che la cosa migliore sarebbe lasciarlo decidere al lettore.
Come nella precedente opera “Il selvaggio” sicuramente inferiore a questa nuova fatica, e come nei primi romanzi del messicano (editi in Italia da Fazi) la forza del racconto è costituta dai molti piani temporali e dalle diverse voci narranti dei personaggi, le quali si intrecciano andando a formare il caos che regola le loro vite, un caos in cui il lettore cerca di riordinare i pezzi attraverso i ragionamenti che affiorano per tutta la lunghezza del libro, rendendo la lettura tutt’altro che passiva, ma questo però non è sufficiente ad abbattere alcune prolissità in cui lo scrittore tende a perdersi e che oggettivamente diminuiscono la carica emotiva dell’opera e soprattutto, rischiano di danneggiarne la bellezza.
Cinema e letteratura si nutrono a vicenda, sono linguaggi che si amano e si odiano, arti diverse ma che non potrebbero vivere se una delle due non ci fosse.
Il cinema è il linguaggio delle immagini attraverso le quali si decodifica una storia, mentre la letteratura è il regno della parola. Sono rari i casi in cui un narratore riesca a mantenere il suo stile in entrambe le categorie e sicuramente Guillermo Arriaga rappresenta l’eccellenza, un punto di incontro fra i due linguaggi.
Certo, la camera a spalla di Inarritu, la pellicola sgranata di “Amores Perros”, le grandi interpretazioni di “21 grammi” e il cast stellare di “Babel”, sicuramente hanno contribuito a fare in modo che la poetica di questo autore emergesse al cinema in tutta la sua potenza, ma è anche vero che i suoi romanzi rappresentano opere più intimiste, una visione del mondo ben definita e una lucidità sbalorditiva nel descrivere le classi sociali del suo Paese e più in generale dell’occidente.
In conclusione, “Salvare il fuoco” è un’opera emozionante e complessa a cui (forse) si possono perdonare le imperfezioni. Un romanzo vincitore di diversi premi in patria e uscito da poco con Bompiani, casa editrice che ha pubblicato in Italia anche il romanzo precedente, “Il selvaggio”.
Un libro in cui Arriaga indaga ancora una volta sui desideri, le passioni e le contraddizioni degli esseri umani. Un testo destinato a far parlare di sé ancora a lungo.
Non vi resta che immergervi in quelle atmosfere, in quel calore, in quei sentimenti e in quel sangue.
Buona lettura.
Jacopo Zonca