Gli Improbabili: Tre Libri Senza Simili

I lettori più navigati sapranno bene quanto diventi difficile, libro dopo libro, trovare qualcosa che appaia davvero originale. Non è banale trovare un libro che rivoluzioni il significato di lettura, e che dia un’esperienza totalmente unica nel suo genere a chi lo prende tra le mani; ed è ancor meno banale trovare un libro che lo faccia bene, perché tanto più si è sperimentali tanto più alto è il rischio di creare un prodotto fallimentare. L’unicità di un pezzo non si accompagna dunque necessariamente ad una qualità eccelsa, ma aggiunge senz’altro qualcosa di nuovo ed intrigante, che spezza la monotonia di abitudini di lettura che talvolta possono diventare ripetitive.

            Se avete dunque voglia di provare qualcosa di nuovo, che non abbia nulla a che fare con la normale esperienza di lettura, di seguito vi presento tre libri fuori dal comune, che mettono alla prova l’esperienza del lettore e la ribaltano, facendosi leggere in una maniera unica e fresca.

            . Codex Seraphinianus

            Tra le stranezze letterarie è sicuramente una delle più conosciute ed amate, un titolo che è impossibile non nominare se si parla di libri fuori dal comune: il Codex Seraphinianus di Luigi Serafini è l’enciclopedia illustrata a colori vivaci di un mondo surreale, dalle forme in continua trasformazione e in continua fusione le une con le altre. La biologia umana si fonde con quella animale nell’amplesso sessuale di due amanti che si trasformano in un alligatore, le piante sanguinano e l’architettura si fonde con la natura, rendendo impossibile distinguere ciò che è artificiale da ciò che non lo è – illustrazioni intriganti ed originali, anche confrontate ad altri grandi pittori del movimento surrealista, che però da sole non giustificano del tutto la presenza del Codex in questo elenco.

            Come accennato, infatti, il Codex Seraphinianus non è un semplice compendio di illustrazioni, bensì un’enciclopedia: le rappresentazioni grafiche di questo coloratissimo mondo fantastico sono accompagnate da definizioni, spiegazioni e descrizioni. Ai disegni si alternano pagine fitte di testi che non si fanno leggere, scritte in una lingua asemica, vale a dire priva di contenuto semantico. La si potrebbe considerare parte integrante dei disegni che accompagna, e in quanto tale osservarla piuttosto che tentare di leggerla come si farebbe con delle righe di testo – dopotutto non c’è possibilità di decifrarla né tantomeno di leggerla ad alta voce, visto che ai grafemi non è mai stato associato alcun fonema. Tuttavia la lingua del Codex non è una serie di linee astratte combinate casualmente; considerarla come la semplice cornice delle visioni psichedeliche di Serafini sottrae al libro uno dei componenti principali che lo rende così unico e misterioso.

            La sfida che si propone con questo massiccio volume è quello di leggere ciò che non si fa leggere. È un gioco di fantasia reminiscente quasi dell’infanzia, in cui la nostra mente deve tentare di tradurre un testo inaccessibile con il solo supporto visivo di immagini che si sottraggono alla logica del mondo con cui abbiamo familiarità. Alcune lettere ricorderanno quelle dell’alfabeto latino che usiamo quotidianamente, e questo potrebbe spingere il lettore ad una sorta di gioco dell’impiccato, dove si tenta di colmare i vuoti lasciati dai simboli sconosciuti, se non per creare una parola sensata, quantomeno per emettere un suono che sembri tale – altre volte si potrebbe lavorare su uno spazio testuale più ampio, decifrando i nuclei tematici dei diversi capitoli dell’enciclopedia a partire dalle immagini. Oppure si potrebbe semplicemente lasciar camminare lo sguardo tra le linee indecifrabili, concentrandosi sull’atto fisico del leggere.

            Il Codex Seraphinianus è un esempio brillante di arte surrealista, ma anche un libro che invita ad approcciare l’azione del leggere da un punto di vista totalmente ribaltato rispetto al normale – a concentrarsi sulle forme e sull’estetica del testo tralasciando il contenuto, poiché le lettere, parole, frasi che si stendono davanti a noi sulla carta non sono che contenitori vuoti. Dopo che avrete goduto delle curiose ed intriganti illustrazioni (che probabilmente saranno la prima cosa che catturerà il vostro occhio, e che reclamerà la vostra totale attenzione), l’invito è dunque quello di lasciarsi sfidare da questa lingua – di scoprire un nuovo modo di leggere, uno come non l’avete mai sperimentato prima.

            . Casa di foglie

Al contrario del Codex Seraphinianus, Casa di foglie di Mark Z. Danielewski è un romanzo a due voci che si racconta in maniera abbastanza chiara. Johnny Truant, un giovane uomo maltrattato dalla vita, dedito all’edonismo più sfrenato che tuttavia non è riuscito a sopprimere la spiccata vena poetica del suo animo, trasloca su suggerimento di un amico in un appartamento diventato recentemente vacante per via della morte del suo proprietario, un anziano cieco detto Zampanò. Nella casa, Truant si trova tra le mani un manoscritto mai completato, in buona parte distrutto, fissato su fogli ingialliti e cartacce: il lavoro di una vita del vecchio Zampanò, il lungo resoconto ed analisi di un misterioso docufilm chiamato La versione di Navidson. Nel documentario in questione Will Navidson, un fotoreporter di fama internazionale, riporta gli eventi inspiegabili che avvengono nella sua nuova casa in Virginia, dove una strana porta compare apparentemente dal nulla e conduce in uno spazio buio, che si espande e si contrae come una sorta di polmone là dove, secondo la planimetria della casa, non dovrebbe esserci altro che un muro. Zampanò racconta gli eventi del documentario nel dettaglio, corredando la narrazione di lunghe analisi sostenute da una ricerca basata su centinaia e centinaia di fonti – ma quello che colpisce Truant è che nessuna di queste fonti è reale. Non esiste un solo documento che riporti dell’esistenza de La versione di Navidson, e la bibliografia accuratamente riportata al bordo della pagina sembra essere frutto della fantasia di un vecchio pazzo; e tuttavia Truant è ossessionato da questo delirio, se ne fa coinvolgere, deve portare a conclusione il lavoro del misterioso sconosciuto a costo della sua stessa psiche.

Il secondo diritto del lettore secondo il decalogo di Pennac è Il diritto di saltare le pagine. Casa di foglie preme con particolare forza su questo pedale: leggendo non si può sperare di tenere il libro fermo tra le mani, sfogliando le pagine in ordine numerico. Il romanzo si fa leggere da qualsiasi angolazione, obbliga gli occhi a saltare da un estremo all’altro della pagina, interrompe la narrazione alle prime pagine per invitare a leggere un’appendice a pagina 400. Cambia spesso stile, passando da una prosa lineare e semplice a lunghi monologhi senza pause nello stile di Joyce o di B.E. Ellis; è nella stessa pagina saggistica e romanzo; pagine completamente vuote si alternano a pagine fitte di testo scritto in molteplici direzioni, rendendo il ritmo di lettura incostante. Questa esperienza, concentrata in modo particolare sul rapporto fisico tra lettore e libro, incoraggia anche il più esitante a prendere il controllo della lettura – a decidere se e quando dare attenzione alle note, alle appendici, ed eventualmente anche alle lunghe digressioni che prescindono dalla narrazione principale, e che ad essa non aggiungono in realtà nulla.

Casa di foglie ha il merito di regalare un nuovo modo di leggere anche al più navigato, e di restituire quella libertà che spesso si ha un po’ di timore di esercitare. La voce di Zampanò – vale a dire il saggio incentrato sul docufilm La versione di Navidson – scorre per lo più fluida ed interessante; purtroppo la voce di Truant, che si racconta in una serie di lunghe note a piè di pagina risulta invece spesso superfluamente prolissa, a tratti noiosa e a tratti fin troppo volgare, e non sempre aggiunge qualcosa a quanto si sta leggendo; ma d’altro canto veniamo invitati già dalle primissime pagine a non leggere affatto questo libro. Traslando un po’ questo messaggio, l’invito a saltare le parti che riteniamo superflue non dovrebbe offendere troppo nemmeno l’autore.

. Il codice delle creature estinte – L’opera perduta del dottor Spencer Black

Se spiegassi in questa sede perché Il codice delle creature estinte di E.B. Hudspeth è stato incluso in questo elenco, sottrarrei alla vostra lettura tutta la magia che la rende degna di essere elencata in questo articolo. Ciò che rende il libro così unico e fuori dal comune è da trovare direttamente tra le pagine, senza indicazioni pregresse, e se indicato anticipatamente la cosa finirebbe per renderla una lettura gradevole e divertente, ma priva del carattere che la rende particolarmente memorabile.

Mi limiterò dunque ad introdurne brevemente il contenuto. È la storia di Spencer Black, uno scienziato vissuto alla fine dell’Ottocento a Philadelphia – un genio della medicina e dell’anatomia che ha avuto sempre tutte le porte aperte, finché il suo intelletto non si è ossessionato con un’idea alquanto bizzarra: le creature fantastiche della mitologia (sirene, minotauri, draghi e molti altri) non sono solo il frutto della fantasia umana, ma animali estinti della cui esistenza si possono trovare ancora oggi le tracce. Basta solo sapere dove cercarle, e lui si convince di aver trovato la giusta pista da seguire – una pista disposta a seguire a costo di qualsiasi sacrificio, non importa quanto grande o immorale esso sia. Nel corso delle sue ricerche si concentra non solo su come riportare alla vita queste creature, ma anche sulla loro biologia: alla fine del libro si trova un compendio di raffigurazioni anatomiche estremamente dettagliate, Il codice delle creature estinte appunto, che rappresenta la punta di diamante del libro, e che anche senza leggere la storia che le precede cattureranno senz’altro la vostra attenzione.

Non aggiungerò altro, se non che la prosa è in uno stile classico ed elegante, fluido e semplice, funzionale alla storia. Se ritenete che possa interessarvi, il consiglio è di comprarlo senza leggere troppe recensioni e senza cercare ulteriori informazioni, per non rovinarvi quell’esperienza unica di cui ho precedentemente accennato. Qualora vi si dovesse rovinare l’effetto sorpresa, tuttavia, resta comunque un libro estremamente interessante, di lettura veloce, e senz’altro un pezzo da collezione che non sfigurerà in nessuna libreria.


Francesca Parlapiano

Redazione

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