Sesta puntata della rubrica “Quaerere consiglia”: una volta a settimana, per tutta l’estate, un membro a turno della redazione darà i suoi consigli letterari per l’estate: sette libri per sette giorni, così da dare degli spunti di lettura di ogni genere e sorta. Questa è la settimana n. 5, clicca qui per leggere i consigli della scorsa settimana. Ti aspettiamo ogni lunedì per nuovi consigli letterari fino a settembre!
Javier Cercas, Soldati di Salamina
Di Javier Cercas si potrebbe consigliare qualsiasi cosa senza paura di sbagliare, ma per chi ancora non lo conosce questo è forse il libro più adatto da cui partire. Soldati di Salamina è difficile da classificare: è la storia di uno scrittore fallito che torna nel giornalismo, per poi abbandonarlo quando viene arruolato da un nuovo romanzo; è un «racconto reale» su una misteriosa vicenda della Guerra civile spagnola; è un’opera d’invenzione, con personaggi, colpi di scena, digressioni; è un antidoto al veleno peggiore di tutti, l’oblio; è anche – per poche pagine in realtà, ma sono tra le pagine migliori – un saggio sulla letteratura, in cui troviamo nientemeno che Roberto Bolaño, personaggio chiave del libro, a dirci la sua sul mestiere di scrivere.
Sergio González Rodríguez, Ossa nel deserto
In questa lista di consigli di lettura Bolaño non compare perché a mio parere andrebbe nella lista degli obblighi. Sarebbe ingiusto dire che questo capolavoro del giornalismo non-fiction sia un suo surrogato. Forse è vero il contrario: mentre lavorava al nucleo centrale di 2666, ambientato nell’immaginaria (solo nel nome) Santa Teresa, lo scrittore cileno si rivolse proprio a Rodriguez, che conosceva per esperienza diretta la realtà di Ciudad Juárez. Ossa nel deserto racconta la lunga serie di femminicidi avvenuti nella città messicana, iniziati nei primi anni ’90 e destinati a protrarsi per un decennio e oltre, fino ai giorni nostri. L’autore si mette sulle tracce degli assassini riuscendo a smascherare la loro complice diretta, la polizia, e a tracciare perfino un identikit piuttosto preciso: un profilo che ha i tratti di una cultura intera.
Régis Jauffret, Microfictions
«Un monumento innalzato e dedicato soprattutto alla capacità di odiare». Questa frase, usata da Cesare Garboli per descrivere la Commedia dantesca, si attaglia perfettamente ai racconti di Régis Jauffret. L’editore Clichy ha pubblicato nel 2019 il secondo volume delle Microfictions (uscito in Francia nel 2018), e quest’anno il primo (del 2007). Non importa da dove iniziate: leggete questi racconti.
Ferdinand von Schirach, Castigo
Dodici casi giudiziari divenuti letteratura per mano di un avvocato penalista, che è ormai uno dei più importanti scrittori tedeschi contemporanei. È come se la vita dei protagonisti di questi racconti fosse stata deturpata da qualcosa – un difetto fisico, un lutto, un vizio – e von Schirach, per scriverne, dovesse portare la lingua al grado zero, scarnificarla e disossarla di tutto il superfluo. «Tutti i nostri ricordi sono profani, e tutti sono sacri».
Giuseppe Berto, Il male oscuro
Un mio amico, uscito dalla droga, l’ha paragonato alla cocaina. Un altro, divenuto astemio, mi disse che leggendolo provò un’ebbrezza strana, quasi fosse ubriaco. Per quanto siano irritanti le analogie tra libri e sostanze, è innegabile che Il male oscuro dia dipendenza. Controindicazioni: sconsigliato agli schizofrenici (il resoconto di alcune esperienze psicotiche potrebbe eccitarli). Effetti indesiderati: un’irresistibile voglia di scrivere.
Paolo Virno, Quando il verbo si fa carne
Se con la narrativa state attraversando un periodo di crisi e siete in cerca di avventure, forse vi farà bene una scappatella con la filosofia. L’autore stesso, a detta di alcuni il miglior filosofo vivente, ha avuto una vita piuttosto avventurosa: tra i membri più importanti della sinistra extraparlamentare degli anni ’70 (Potere Operaio prima, Autonomia poi), fu arrestato e giudicato colpevole nell’ambito del processo 7 aprile, vicenda giudiziaria che entra di diritto nel canone della narrativa d’invenzione; dopo alcuni anni di detenzione, venne assolto per insufficienza di prove (un problema di non poco conto nella trama del 7 aprile). Questo testo c’entra al tempo stesso poco e molto con la sua esperienza politica: poco, perché è un libro di filosofia del linguaggio che si interroga sul concetto di ‘natura umana’; molto, se è vero che la principale fonte del modo di produzione capitalistico è proprio la natura umana, e se è vero che il linguaggio verbale va in scena come il disgraziato protagonista del capitalismo contemporaneo.
Adriano Bertollini, Filosofia dell’amicizia
Certi libri non bussano alla porta, non chiedono il permesso. Capita così anche con le amicizie: spesso arrivano e basta, prima ancora che ce ne rendiamo conto. Attenzione perché il titolo può trarre in inganno: Filosofia dell’amicizia non è un’opera accomodante, un passatempo da anime belle; al contrario di molti altri testi sullo stesso argomento, descrive il dispositivo amicale da una prospettiva che è insieme materialista e antropologica. Non è un caso che Bertollini sia stato allievo di Virno: entrambi regolano la messa a fuoco grazie a una specie di strabismo, cogliendo nel contingente, nel proprio ora, l’ombra dell’invariante, del da sempre. Bertollinifa anche di più, portando la sua ricerca sulla soglia del primo pensatore che abbia affrontato seriamente il tema, ossia Aristotele. E come nelle amicizie più sorprendenti, come nei libri necessari: senza bussare alla porta, senza chiedere il permesso.