L’anno del fuoco segreto. Il novo sconcertante italico, a cura di Edoardo Rialti e Dario Valentini, Bompiani, 2023

Succede nel racconto di Viola Di Grado, Astrazione, a pagina 253 di questo libro. È una aliena che narra; è fuori un ospedale perché un proiettile l’ha colpita nello stomaco. In questa che lei definisce una zona fredda della Terra, si innamora di una persona: non ricorda quasi nulla di lei e rimane del tutto imprecisa nel delineare la sua natura indefinibile e per questo attrattiva. Inizia così: «L’imprecisione è una forma narrativa e una forma d’amore. Non ricordo davvero di che sesso fosse. Non ricordarlo è il mio tentativo maldestro di avvicinarmi alla sua essenza […]. L’imprecisione è una forma perversa di libertà».
Edoardo Rialti e Dario Valentini hanno ideato, poi nutrito, seguito la curatela e infine pubblicato questa antologia, L’anno del fuoco segreto, edita Bompiani. Come? Chiamando intorno al “fuoco segreto” venti autori contemporanei, chiedendo loro di raccontare, raccontare e basta. Nessuna indicazione precisa circa il genere, il modo, i temi o la forma, solo raccontate «senza compromessi». Nasce così un libro in seno alla vaghezza e, potrei dire, all’imprecisione come forma di libertà. Imprecisione, quindi, essenza e scopo di tutto un libro che sfocia in quello che, non necessariamente, si definirebbe “novo sconcertante italico”. Non weird, non fantastico né fantasy, solo sconfinamento dei bordi spessi che vogliono a tutti i costi definire i generi, stabilire un canone e pretendere di indicarci cosa è Letteratura tenendoci così guardinghi rispetto a cosa (a parer di chi?) non lo è.
«Volevamo essere una anomalia pulsante rispetto a ogni ortodossia, qualcosa che appena si crede di nominare, è già perduto, già altrove, ha già cambiato nome». (Dario Valentini in un’intervista per «Il Tascabile»)
In questo caleidoscopico nominare, il titolo della raccolta non è a caso: ancora una volta, nasce da un’ibridazione. L’anno del pensiero magico di Didion e Il Fuoco segreto di Tolkien si fondono in una dissonanza significativa a fare da significativo guscio a racconti che, come in Didion, fanno della materia orribile della narrazione una storia esilarante, o che, come in Tolkien, attingono a quella Fiamma Imperitura che è, in questo caso, «l’immaginazione senza scrupoli» che non è sogno né, ancora, follia, ma ci dimostra come il “weird”, il “sinistro”, è vecchio quanto è vecchia la letteratura.
Dal sottobosco di riviste, si dirigono verso la fiamma venti autori che più che un genere creano un’atmosfera: toni cupi, desolanti, magici, colorati o sfocati. Creano mondi distopici, in rovina, alternativi e fantastici mentre si passano la fiaccola della forma-racconto. La natura è al centro di molte delle narrazioni; in Il drago delle rose di Dario Valentini si organizza addirittura un concerto per le piante oppure si racconta delle barbariche invasioni dell’uomo alla natura, dove i personaggi hanno i nomi dei fiumi (Il periodo balsamico della Bardana di Giovanni Ceccanti p. 259). Alcuni di questi racconti hanno un che di leggendario e ricalcano il mito, o ancora l’epico e il fiabesco nel loro modo narrativo (La capra ferrata, Vanni Santoni p. 41; Il ciclo della carne, Andrea Cassini p. 271; Il sacrario degli specchi infranti, Gregorio Magini p. 171; La serpe, Elena Giorgiana Mirabelli, p. 141).
Il collasso delle distinzioni, però, non riguarda più e solo generi e forme, ma anche il piano del contenuto: nel guazzabuglio di visioni sconcertanti si manifesta la realtà umana. È questo lo specchio fedele della natura dell’uomo e del suo mondo, un nuovo modo di dire il reale, oggi un modo unico e originale per parlare della realtà senza essere patetici, senza scadere nel realistico spinto o banale. Così, mentre, gradualmente e da ogni parte, si rivendica una forma, quella del racconto breve, e se ne assegna uno spazio di rilievo nel panorama letterario e editoriale, si cela e si rinfrange sul fondo del non realismo un nuovo realismo. Più sottile, non vero, ma verosimile, non mimesis ma comunque rappresentazione.
Marica Gragnaniello