Tutto calcolato

18 luglio 2022, 05:49

Il sole iniziava pigramente a levarsi. Nell’appartamento del professor Sudema, al secondo piano di una vecchia palazzina, arrivava una debole luce, filtrata dai grattacieli circostanti. I pochi raggi che superavano l’elegante barriera di edifici mostravano una notevole quantità di pulviscolo sospeso nell’aria. Albe buie e polverose, non mi mancheranno.

Il professore si preparò un caffè doppio e con la tazza fumante in mano fece un ultimo giro di ricognizione. Ispezionò con cura le stanze del suo appartamento, e fra un sorso e l’altro annuiva compiaciuto.

Sembrava la casa di un fantasma: gli armadi erano vuoti, scarpe e vestiti erano stati devoluti alla Caritas; alle pareti si vedevano ancora i segni dei quadri, ormai dati via; il computer era stato formattato e poi regalato; in casa non c’era più cibo, solo caffè; le stoviglie erano state donate alla mensa dei poveri, tranne la tazza che il professore stringeva fra le mani.

Solo la libreria, in legno chiaro con le ante in vetro, era ancora straripante di romanzi d’avventura e fantascienza. Protetto dal cristallo di una delle ante, c’era un disegno raffigurante due meduse, fatto dal professore. La prima aveva una forma a campana, e conteneva una grossa massa rosso-arancione molto brillante. Una grande quantità di tentacoli si allungavano in tutte le direzioni a partire dai bordi della campana. La seconda era leggermente più piccola di dimensioni, con meno tentacoli e una campana più sferica.

Il professore si fermò a rimirare i propri disegni, orgoglioso della precisione anatomica e della grazia della composizione, delle sfumature. Finì quel che rimaneva del caffè davanti alle meduse, poi sorrise. Una mi ha distrutto la vita, l’altra me la restituirà.

Lasciò la tazza vuota in cucina, controllò l’orologio da parete. Fra pochi minuti il suo account e-mail avrebbe inviato una lettera a tutta la rubrica, incluse le forze dell’ordine, vigili del fuoco e croce rossa. Qualcuno dovrà pur far qualcosa! Ho fiducia nella società. Siete voi a non averne mai avuta in me, ma le cose cambieranno!

Così pensò il professore, prima di ingoiare una grossa pastiglia gelatinosa. Ho il tempo necessario, basta non tergiversare. Si diresse con passo deciso alla sua stanza. Se si fosse fermato davanti allo specchio del corridoio, avrebbe visto il volto corrucciato di un uomo curvo e un po’ impaurito, i pochi capelli rimasti, ormai bianchi, scomposti.

Una volta in camera si spogliò e si avvolse un asciugamano intorno alla vita. Piegò i vestiti con cura e li appoggiò su una sedia, sotto cui lasciò le ciabatte. Poi salì sul letto, privo di lenzuola o coperte, al cui centro era stata posizionata una grande cesta, dai bordi alti e rivestita con un telo di cotone. Il professore si sistemò dentro la cesta al meglio che poté. Le gambe lunghe e secche non gli furono d’aiuto, ma grazie al torace scavato e all’assenza di pancia ci riuscì. Gli occhi di ghiaccio erano rivolti ad un minuscolo forellino appena visibile nel soffitto. Ce la farò, sembravano dire. Un forte prurito lo spinse a grattarsi la barba bianca. Sta cominciando!

***

Data: 18 luglio 2022, 06:00

Oggetto: EMERGENZA! NEONATO ABBANDONATO! Secondo piano di Via Poseidone 15, interno 42, campanello Sudema.

Per le forze dell’ordine, il personale sanitario e gli altri ufficiali di pubblica sicurezza:

Signore e signori, fate presto! Ho abbandonato, pochi minuti fa, un neonato in una cesta nella mia camera da letto. Si veda l’indirizzo nell’oggetto dell’e-mail. Una volta che lo avrete messo in salvo, vi invito a leggere la seconda parte di questo messaggio, volta a dare spiegazioni ai miei conoscenti e colleghi.

Gentili colleghi, cari amici,

vi ho delusi, ancora una volta. Ora, però, lo smacco non è paragonabile all’essermi reso ridicolo di fronte alla comunità scientifica e al mondo intero, l’essere stato bollato il Professor Cialtrone. Stavolta l’ho fatta grossa davvero. Abbandono un bambino, abbandono mio nipote.

Stenterete a credermi, perché sapete bene che ho sempre vissuto solo e che non ho mai avuto famiglia. Eppure, pochi giorni fa, un uomo, dichiaratosi mio figlio, mi ha affidato il suo bambino per poi scappare, senza darmi altre spiegazioni. Un’analisi del DNA che ho fatto effettuare ha corroborato la dichiarazione dello sconosciuto, mio figlio apparentemente.

Io non posso prendermi cura del piccolo. Sono troppo vecchio ormai e sono una nullità, voi tutti lo sapete, lo avete gridato ai quattro venti, mi avete sbeffeggiato. Non oserete contraddirmi proprio ora, no? Sono una nullità e quindi faccio quello che farebbe una nullità: scappo dalle mie responsabilità.

Ho venduto tutto ciò che ho, tranne il mio appartamento, che lascio in eredità a mio nipote, così come i libri. Ho chiesto al mio notaio, con cui ho discusso lungamente in questi giorni, di occuparsi del bambino, di fargli da garante dei diritti, finché non si troveranno dei genitori volenterosi che lo adotteranno. Inoltre, il notaio farà in modo che venga pagata loro una generosa mensilità fino al raggiungimento della maggiore età di mio nipote. A quel punto, il ragazzo avrà a disposizione quel che resta dei miei risparmi e potrà scegliere il percorso che più preferisce.

Inutile dirlo, ma mi auguro che intraprenda come me una carriera scientifica e possa riabilitare il mio nome. Nessuno crede alle mie teorie, ma sono convinto che mio nipote, avviato ai giusti studi, possa dimostrarvi il contrario. Per le idee rivoluzionarie ci vuole tempo, il mondo prima o poi sarà pronto.

Perché ho deciso di inondare le vostre caselle e-mail con questa lettera pietosa? Perché io, a differenza vostra, vi stimo. Non tutti e non tutti allo stesso modo, naturalmente, ma spero che qualcuno di voi si dimostri una persona generosa e adotti il bambino.

Perché non mi assumo io questa responsabilità? Perché non sono degno, perché mi avete distrutto la vita, deridendo le mie ricerche, screditandomi. Mi trovo in un tale stato psichico da non poter assicurare al piccolo alcun supporto per uno sviluppo e una crescita sani. Questo tralasciando i miei sessant’anni portati male e i miei diversi acciacchi fisici.

Cosa farò? Non lo dirò certo a voi, ma sappiate che questa è l’ultima volta che sentirete parlare di me. Scomparirò, svanirò, sublimerò. Potrete cercarmi quanto vorrete, ma non mi troverete mai. Era da tempo che studiavo la mia uscita di scena, anche se non credevo sarebbe stata così melodrammatica, con l’abbandono di mio nipote.

Dimenticatemi, abbiate pietà di me, ora che la mia vita è finita. E mostrate un po’ di bontà al neonato, lui è così piccolo e così innocente.

La vostra nullità,

Professor Sudema (detto Cialtrone)

***

18 luglio 2040, 08:00

– Buon compleanno, Luca!

– Grazie, mamma! E grazie per la torta!

– Caro, ti devo parlare.

– Che faccia seria, è successo qualcosa?

– No, ma è arrivato il momento di raccontarti una cosa di cui avrei voluto parlarti prima, ma non ho potuto. Riguarda… le tue origini, diciamo.

– Ma ne abbiamo parlato all’infinito, mamma! Mio nonno era professore nel tuo stesso dipartimento e vi siete conosciuti superficialmente. La sua carriera era finita, si era reso ridicolo, quindi tu te ne sei tenuta ben lontana essendo agli inizi della tua, all’epoca. Non mi importa nulla dell’uomo che mi ha abbandonato, mia madre sei tu! Anzi, la mia famiglia sei tu, mi hai cresciuto da sola! Perché ne dobbiamo parlare?

– Sei molto dolce, caro. A differenza di tuo nonno. Anche se hai i suoi stessi occhi di ghiaccio sul tuo viso sembrano più buoni. O forse io l’ho conosciuto tardi, quando si era arroccato su posizioni francamente indifendibili. Comunque, ne dobbiamo parlare perché oggi che compi diciotto anni devo consegnarti questa chiave. È per una cassetta di sicurezza, cui solo tu hai accesso. Te l’ha lasciata tuo nonno, e ho un po’ paura di cosa troverai dentro, spero non sia nulla che ti sconvolga. So che ormai sei grande, ma…

– Non temere, mamma. Magari il nonno un gesto carino l’ha fatto dopo tutto, sembra una caccia al tesoro!

– Vuoi che venga con te?

– No, non ti preoccupare, mamma. Dimmi che banca è, ti chiamo subito dopo esserci stato, va bene?

***

18 luglio 2040, 10:19

– Nessuno la disturberà. Se le servisse altro, prema questo pulsante e saremo subito da lei.

Luca annuì, l’impiegata si dileguò e lui restò solo, seduto a un tavolo su cui era posata la cassetta di sicurezza. Distese le lunghe gambe, si passò le mani fra i folti capelli neri e aprì la cassetta. All’interno trovò una busta, su cui era scritto solo a mio nipote, e quella che sembrava una vecchia chiavetta usb.

Il ragazzo inspirò profondamente, ne strappò un lato e soppesò il fascio di fogli in una mano; non osava iniziare a leggere. Aveva mentito a sua madre, era curioso di conoscere il contenuto della cassetta di sicurezza e si chiedeva perché mai il nonno avesse imposto la condizione che venisse aperta solo una volta raggiunta la maggiore età. Chissà dov’è ora? Dovrebbe avere quasi ottant’anni, ammesso che sia ancora vivo.

Ancora un respiro e spiegò i fogli. Restò subito colpito dalla grafia del nonno, così simile alla sua.

Caro nipote,

non so come ti chiami, né so chi ti ha adottato, eppure tu e io ci conosciamo molto meglio di quanto tu possa immaginare.

Non sbuffare per il mio incipit, mi sembra di vederti, giovane e pieno di energie. Pazienta, so che alla tua età sei avido di sapere tutto, di esplorare, di conoscere e di farti conoscere. Fidati di me, leggi attentamente quanto segue e avrai tutto ciò che hai sempre sognato.

Questa lettera è fondamentale perché tu capisca che dietro al mio gesto, apparentemente folle, c’era un piano perfetto, calcolato al nanometro. Che dico, calcolato con precisione atomica, con infinita precisione!

Ho dedicato la mia vita allo studio delle creature marine, non so se qualcuno te lo ha mai raccontato. Fra queste, sono sempre rimasto affascinato da un tipo di medusa, l’unico essere in grado di ringiovanire: dopo aver raggiunto l’età adulta può tornare alla sua “infanzia” e ricominciare da capo. Io, da buon visionario, ho capito subito che questa era la chiave per ottenere, finalmente, la vita eterna, l’eterna giovinezza, infinite vite e infiniti tentativi.

Stai ridendo ora, vero? Credi che abbia perso il senno e che il mondo avesse ragione a darmi del pazzo? Pazienta ancora qualche riga.

Sicuramente hai ottenuto l’intera libreria che ti ho lasciato, clausola fondamentale per l’adozione, e quindi anche due disegni, raffiguranti due meduse. Non era indispensabile che tu li vedessi, ma mi piaceva l’idea. La medusa più grande, è quella che mi ha distrutto: ero convinto che il suo DNA fosse la chiave di tutto. Ho fatto gli esperimenti usando la tecnica CRISPR e ho tentato di incrociare la sequenza del DNA che credevo responsabile del ringiovanimento con moltissime specie animali. Ho fallito, sistematicamente, con ogni cavia. La mia carriera è andata a rotoli, per via di quella medusa. Io non abbandonavo il progetto, perdevo fondi, credibilità, ero sempre più lo zimbello della comunità scientifica.

Finché un giorno ho scoperto che… avevo sbagliato medusa! Quella più piccola e dalla campana più sferica non apparteneva alla stessa famiglia dell’altra. Con la seconda medusa sono riuscito a fare gli esperimenti che volevo, ho trovato il segreto della vita eterna.

Passata l’euforia iniziale mi sono guardato allo specchio. Mi ha mostrato il volto di un uomo vecchio, stanco, coi capelli ormai radi. Quanti anni di gloria avrei avuto? Cominciavo già ad avere dolori articolari, sarebbero stati anni sofferti, non vissuti pienamente. Certo, mi sarei preso tante rivincite su tutti quelli che mi avevano sbeffeggiato, deriso, umiliato. Ma sarebbe stato sufficiente? Avevo investito vent’anni della mia vita in questo progetto; ormai ero privo di energie, mi sentivo vecchio, era tardi.

In quel momento ho avuto l’illuminazione. Quell’istante folgorante, che mi accomuna alle grandi menti del passato, un nuovo Darwin, un Leonardo dei nostri tempi. Ho capito che avrei potuto preparare la formulazione adatta agli umani, sapevo che sarebbe stato l’esperimento definitivo e che mi avrebbe dato una rivincita senza tempo. Sarei tornato a essere giovane, coi capelli folti, pieno di energie e vitalità, pronto a riprendere gli studi dove li avevo lasciati e a godermi i frutti di quel che avevo fatto nella mia vita precedente.

Cominci a capire ora, nipote, che noi due… siamo la stessa persona? Sono, e quindi lo sei anche tu, un genio. Non solo ho fatto questa grandiosa scoperta, ho anche orchestrato il piano perfetto. Ho fatto sparire ogni traccia cartacea della mia ricerca, ogni risultato, per proteggere la mia scoperta dall’indiscrezione dei curiosi. Tutte le prove necessarie sono contenute nella chiavetta usb che ti hanno consegnato insieme alla lettera. Inoltre, troverai, alla fine di questo scritto, l’indirizzo di un server e le credenziali per accedervi. Lì v’è l’evidenza definitiva: il filmato della trasformazione. Sì, ho filmato la nostra rinascita! Il colpo di genio finale! Nessuno avrebbe potuto trovare la minuscola telecamera che avevo installato nel soffitto della nostra vecchia stanza.

Avrai pensato tutti questi anni che fossi un nonnino eccentrico e fallito, che ti lasciava solo dei soldi e dei romanzi, ma che ti abbandonava. Invece, ti ho donato molto di più, come vedi. Spero apprezzerai il tocco di classe che ho avuto nel lasciare i disegni delle due meduse nella libreria: la soluzione al problema più antico mai affrontato dall’uomo, l’immortalità, era nascosto lì, sotto gli occhi di tutti!

Ma ora basta con le digressioni. Ora, caro nipote, è tempo che io e te torniamo a essere la stessa persona. Lo so, ti sembrerà strano, forse un furto di identità addirittura, ma devi solo ribaltare la prospettiva. Tu sei me e io sono te. E la tua vita d’ora in poi sarà strabiliante.

Per prima cosa, appena uscito dalla banca, collegati al server e guarda il video, per convincerti della veridicità di quanto ho scritto. Poi l’anno prossimo, finita la maturità, ti iscriverai alla facoltà di Biologia. Ah, non sottovalutare biochimica, mi raccomando! Ottenuta la laurea, farai un dottorato. Scegli pure tu dove, ma io mi sono trovato benissimo a Zurigo. Ti consiglio caldamente di seguire lo stesso percorso, lì avrai le infrastrutture ideali per i tuoi studi.

Potrai dare un’occhiata ai dati sulla chiavetta quando vorrai, ma ti consiglio di iniziare fin dal primo anno di università. In questo modo potrai fare la tua tesi di dottorato in men che non si dica. Non sarà barare, sono dati tuoi, idee tue, perché tu sei me e io sono te. Non trovi che sia fantastica questa cosa?

La lettera è stata già fin troppo lunga, ora ti devo salutare, ma troverai altri messaggi nella chiavetta, non temere, altri consigli, altre istruzioni. Io sarò sempre con te.

Tuo,

Evaristo Sudema

p.s.: spero che adesso ci abbiamo dato un nome più facile da portare di Evaristo…

***

18 luglio 2040, 10:55

Uscito dalla banca, con la busta ancora in mano e la chiavetta usb nella tasca dei pantaloni, Luca si collegò via telefono al server indicato nella lettera. Sembra delirante, ma se effettivamente c’è un video, non posso far finta di niente.

Pochi secondi dopo Luca fece partire il videoclip. Si vedeva solo un bambino, avvolto in un asciugamano, dentro una cesta. Lo riguardò più volte, con lo stesso risultato.

– Ciao mamma.

– Tutto ok? Cosa c’era nella cassetta di sicurezza?

– Una strana lettera e una chiavetta usb.

– Tutto qui?

– Sì, comunque ho appena cestinato tutto. È il delirio di onnipotenza di un uomo malato, non c’è altra spiegazione. Figurati che voleva convincermi che io ero in realtà lui, in seguito a un qualche esperimento con il DNA di una medusa…

– Ancora con quella storia? Tuo nonno si è rovinato la carriera in questo modo, lo sapevi?

– Sì, lo ha spiegato nella lettera. Pensa che mi spronava a seguire il suo stesso percorso di studi, dicendo che nella chiavetta che mi lasciava c’erano tutti gli esperimenti che aveva fatto e una serie di risultati straordinari.

– L’hai buttata?

– Sì, perché il video che secondo lui provava tutto mostrava solo me, abbandonato nella cesta in cui sono stato trovato dai vigili del fuoco. E poi mi ha fatto incazzare. Come si permette, dopo avermi abbandonato, di fare richieste, di chiedermi di seguire le sue orme?

– Non ti sentire in obbligo in alcun modo!

– Figurati, mamma, non voglio aver nulla a che fare con lui. Avevo e ho le idee chiare: mi iscrivo all’accademia delle belle arti. La mia vocazione è il disegno!

– Bravo il mio ragazzo! Sarai un illustratore magnifico, ne sono certa! Ora devo scappare, ci vediamo stasera e ti porto a cena per festeggiare, che ne dici di un bel Sushi?

– Magnifico!


Stefano Lazzari è nato e cresciuto a Milano, città che ha lasciato dopo la laurea in ingegneria chimica al Politecnico. A Zurigo ha conseguito un dottorato all’ETH e poi è partito alla volta di Boston, per lavorare al MIT. Nella sua ricerca ha usato la matematica per descrivere le reazioni chimiche responsabili della formazione di materiali polimerici e semiconduttori. Ora vive a Francoforte e fa ricerca in un’azienda chimica. Nel tempo libero legge, balla tango, gioca a scacchi e scrive. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati dalle riviste Monnalisa Bytes, Hook Literary Magazine e Rivista Blam.

Redazione

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